Il serial killer
Benvenuti tra i miei angoli smussati.
Esiste nella letteratura, ma anche nella realtà, una figura più controversa di quella del serial killer? Una figura che è in grado, se ben delineata, di monopolizzare la scena accentrando su di sé tutte le attenzioni.
I serial killer sono persone malvagie e rappresentano il male che si aggira in attesa di colpire. Possono essere ovunque e invisibili, oppure visibili ma sotto mentite spoglie. Chiunque potrebbe essere un killer o potrebbe diventarlo. In molti hanno vissuto un passato difficile, ciascuno ha una ragione per trasformarsi in un “mostro”. Ogni individuo ha un conto in sospeso con la società. Ciascuno sogna di riscattarsi, ma c’è chi lo fa nel modo sbagliato perché i killer, di solito, colpiscono creature innocenti che con il loro triste passato non c’entrano nulla.
La mente di un serial killer è il forziere che nasconde il tesoro e che nessuno, o quasi, è in grado di aprire. Immedesimarsi non è semplice, appare piuttosto come un viaggio proibito che in tanti vorrebbero fare se solo possedessero coraggio a sufficienza.
Sono molti i killer seriali che sono restati impressi nella storia: Hannibal Lecter, per ricordarne uno riconducibile alla letteratura, e Jack Lo Squartatore, per citarne uno vissuto realmente. Cattivi che rappresentano quel lato oscuro della società nel quale troppo spesso veniamo risucchiati. E anneghiamo, incapaci di reagire per tornare a galla. Incapaci di trasformarci in quegli eroi che vincono grazie ai loro muscoli ma anche a una buona dose di intelligenza. Ma… un eroe affascina meno, forse perché non nasconde un passato difficile e una mente contorta.
Come si “costruisce” un serial killer in letteratura?
Il passato, appunto. Ovvero la carta d’identità di ogni “mostro” che si rispetti. Perché è nel passato che il lettore trova le risposte alle domande del presente. I primi segnali di instabilità mentale arrivano proprio da lì: da un’infanzia da incubo. E da un’adolescenza altrettanto difficile, perché spesso le esperienze traumatiche subite da colui che si è trasformato in assassino sono accadute anche in ambito extrafamiliare. Un esempio? Un amore non corrisposto. Il bullismo, la derisione, l’essere isolati dal resto del gruppo. Motivi che portano difficoltà a rapportarsi con gli altri.
Altro fattore imprescindibile nella costruzione del personaggio è il modus operandi con il quale il killer cerca di ottenere il controllo sulle vittime e con il quale si eleva a entità superiore (perlomeno nella sua mente). Ogni assassino opera in modo diverso, ma ciclico, e il modo di agire diventa una sorta di marchio di fabbrica che talvolta fa addirittura guadagnare un soprannome al killer.
Infine, bisogna contrapporre un personaggio positivo che, dopo le inevitabili difficoltà iniziali, riesce a calarsi nella mente dell’assassino – la parte che forse più di tutte affascina il lettore – e riesce a catturarlo. Perché è in quella mente bacata che bisogna riuscire a scavare se si desidera indossare i panni dell’eroe che sarà in grado di dimostrare ai lettori che il bene, ancora una volta, è stato in grado di sconfiggere il male.
E voi cosa ne pensate? Avete altri suggerimenti per caratterizzare al meglio un serial killer?
Scrivetelo nei commenti.
(Immagine di copertina scaricata gratuitamente da Pixabay.com)
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