Comicità o violenza verbale?
Bentornati tra i miei angoli smussati.
Oggi, vi chiedo: dove si trova la linea che separa la comicità “buona” da quella di cattivo gusto? Difficile rispondere, vero? Probabilmente è un fatto soggettivo, e ogni persona tratteggerebbe la linea in un punto diverso.
Di recente, ho assistito a un fatto che mi ha fatto riflettere, accaduto durante un importante evento, in cui un attore famoso ha dato uno schiaffo a un comico, reo di avere fatto ironia su un problema fisico della moglie dell’attore (perdita di capelli).
Dando per scontato che la reazione è da condannare – non a caso, l’attore si è scusato per il gesto che ha definito un errore –, in questo articolo proverò ad analizzare la situazione, riflettendo sul limite che deve avere la comicità. Spesso, essa colpisce le persone, soprattutto quelle famose, che inevitabilmente sono più esposte. E allora dove sta quella linea? Dal mio punto di vista, si dovrebbe trovare nella testa del comico, che dovrebbe essere in grado di leggere le situazioni prima che accadano. Quali sentimenti potrebbero generare le mie battute? Per capirlo serve empatia. Merce rara al giorno d’oggi, purtroppo.
In questo caso, prendere in giro una donna che soffre di alopecia non è come farlo con un uomo; per una donna i capelli rappresentano una parte importante dell’esteriorità ed esserne priva, senza averlo scelto, può essere un fatto traumatico. Così come deve essere scioccante dover fare i conti tutti i giorni con uno specchio che ti ricorda la tua condizione, e con tante persone che con le loro domande non ti permettono di accantonare il problema, almeno dal punto di vista mentale. Discorso diverso per un uomo che dovrebbe essere in grado, in teoria, di sopportare e convivere più facilmente con la perdita dei capelli. Generalizzare non è mai un bene, e non è una pratica che adoro, ma spesso è la società che ci porta a farlo. Una società che non tiene conto dei sentimenti, proprio come ha fatto quel comico, e che ci impone il pensiero che un uomo pelato possa essere comunque affascinante, mentre una donna no. Assurdo, vero?
Alt. Non dimentichiamoci che la società è composta anche da noi. E spesso non siamo migliori del comico che abbiamo accusato tra le pagine dei social. Quante volte abbiamo giudicato qualcuno per il suo aspetto fisico? Quante volte abbiamo gettato merda addosso a una persona perché troppo grassa, troppo magra, troppo alta, troppo bassa, senza chiederci se dietro a quella condizione ci fosse qualcos’altro?
È un errore che commettiamo a ripetizione: a volte, accompagnati dalla consapevolezza di creare dolore, il più delle volte in modo superficiale, perché non abbiamo la sensibilità di capire che le parole spesso fanno più male di un ceffone o di qualsiasi altro atto fisico; è ciò che esce dalle nostre bocche, soprattutto, a scavare nelle viscere di una persona e a tormentarne i sentimenti. Quello che diciamo ha un peso, e per il nostro bersaglio potrebbe essere un macigno difficile da sostenere.
Troppe volte, pratichiamo una sorta di violenza verbale, senza rendercene conto.
Partiamo da noi, cari smussatori di angoli. Cerchiamo di leggere le situazioni in anticipo e riflettiamo prima di scrivere o dire qualsiasi cosa, perché le parole gettate fuori di getto spesso sono contraddistinte da un’istintività che ci porta a essere poco lucidi e sicuramente poco obiettivi.
Prendiamo spunto da quello che è accaduto nella situazione descritta sopra per essere noi i primi a migliorare. Cerchiamo di analizzare come ci comportiamo nei confronti degli altri, e smussiamo gli angoli che ci trasformano in lupi affamati pronti a sbranare il prossimo per convincersi di essere migliori.
Per crescere, ed essere soddisfatti di se stessi, la ricetta è una sola: smettere di giudicare, e cercare di comprendere.
Ai comici è questo che chiedo: comprendere. Perché non è vero che quando si scherza si può dire qualsiasi cosa, specialmente quando le parole vanno a intaccare il rispetto che si dovrebbe nutrire per le altre persone.
E voi cosa ne pensate? Scrivetelo nei commenti.
Un caro saluto smussatori di angoli.
(Immagini scaricate gratuitamente da Pixabay.com)
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Partendo dal tuo stesso ragionamento, che condanna la violenza a priori e sempre più veementemente, voglio ringraziarti per questo articolo.
Tante volte mio marito, i miei fratelli, si sono alzati e sono andati via perché la gente non faceva che bisbigliare alle mie spalle o farmi domande e battute molto inopportune.
Sì, inopportune.
Perché se è vero che mio fratello mi chiama Fester, che io stessa mi do mille appellativi legati alla mia calvizie, ho passato tre anni in un tunnel in cui psicoterapia e antidepressivi hanno dovuto comandare ogni mia giornata.
Ed ero già più che adulta.
Ogni giorno, vedere deframmentare l’immagine di sé stessi, andare da Mille medici perché non c’è solo la calvizie, ma la perdita di ciglia e le congiuntiviti, la perdita dei peli del naso e le otiti…
Non sto qua a tediarti.
Ma la violenza verbale che ho subito mi ha oltremodo danneggiata.
E a seguito del famoso schiaffo, ho letto cattiverie su cattiverie. Perché la violenza genera violenza. È un circuito terribile che innesca conseguenze inimmaginabili per chi non le subisce.
Non auguro a nessuno di trovarsi in questo turbinio di dolore causato volutamente per poi mascherarlo da “era solo una battuta”.
Quindi grazie ❤️
Grazie a te per la tua testimonianza e per il coraggio che mostri ogni giorno nell’affrontare a testa alta chi scioccamente giudica per poi rifugiarsi dietro alla frase di comodo “era solo una battuta”.
Un abbraccio.