Scrivere per se stessi o per un pubblico?
Bentornati tra i miei angoli smussati.
Essere o non essere? Non è questo il problema.
Scrivere per se stessi o per un pubblico? È questo il vero problema.
Un dilemma in grado di fondere cervelli, una domanda cruciale che toglie sonno a chi si affaccia al mondo letterario per la prima volta – in punta di piedi, con la penna che spunta dalla tasca –, ma anche a chi in questo mondo ci bazzica da anni (con i talloni piantati a terra e la penna in evidenza).
Umanamente comprensibile, tranquilli. Così come è normale faticare a trovare una risposta che possa soddisfarci appieno.
La scelta è soggettiva e cambia in base alle esigenze: se non sei interessato a pubblicare è piuttosto ovvio che scriverai solo per te stesso; se la voglia di pubblicare è diventata la tua ragione di vita allora è logico cercare di capire, prima di tutto, cosa vorrebbe leggere un ipotetico pubblico.
E poi sogni di arricchirti, vero? Allora avrai bisogno di un sostanzioso seguito di fan scatenati che si strappano i capelli o che attendono ansiosi la tua nuova uscita e ingannano il tempo mangiucchiandosi le unghie. Sto esagerando? Mai quanto la convinzione di potersi arricchire scrivendo, soprattutto in Italia considerando la bassa percentuale di lettori.
Ma nessuno ci vieta di sperare di poter campare con la scrittura. Un sogno meno utopico del precedente, ma comunque difficile da realizzare.
Premesso questo, vi dirò quello che penso riguardo all’argomento trattato in questo articolo. O meglio, vi metterò al corrente di quello che la mia esperienza letteraria mi ha portato a pensare.
Con il tempo ho capito una cosa fondamentale: che una scelta non esclude l’altra. Anzi, le due cose sono legate da un filo invisibile perché se quello che scrivo nasce dal cuore allora avrò maggiori probabilità che le mie parole possano arrivare al cuore dei lettori.
La narrativa è, prima di tutto, emozione; come posso sperare di far emozionare qualcuno se non sono io il primo a provare sentimenti intensi e profondi?
Ne consegue che quando scrivo qualcosa che nasce da un’esigenza interiore (scrivere per se stessi) in tanti si ritroveranno tra le righe che scorreranno davanti ai loro occhi (scrivere per un pubblico). Tanti lettori scaveranno, sentiranno loro la storia, si immedesimeranno in uno o più personaggi; quando chiuderanno il libro, socchiuderanno gli occhi e continueranno a viaggiare con la loro fantasia.
Le parole dell’autore dovranno essere la rampa di lancio, ma il volo finale spetta a ciascun lettore. Questo, a mio avviso, significa produrre narrativa di qualità. Non sempre è consigliabile usare termini mirabolanti ed eccelsi; la semplicità è l’ingrediente più importante perché la prima regola è essere capiti. Anche perché, in alcuni casi, il rischio di usare a sproposito questi termini è elevato.
La seconda regola, collegandomi a quanto scritto in precedenza, è concedere al lettore il diritto di emozionarsi ma anche di completare gli scenari che lo scrittore ha costruito lasciandoli di proposito incompiuti o non compiuti fino in fondo. Come se avesse costruito un puzzle inserendo tutti i tasselli meno uno. L’ultimo, quello più importante, dovrà essere posato dal lettore.
Ecco perché l’infondump – il bisogno maniacale di raccontare e descrivere per filo e per segno tutto – è un nemico che rischia di non mettere in risalto la bellezza che ogni storia racchiude.
Ogni storia merita di essere raccontata, merita di essere vissuta dallo scrittore prima e dal lettore poi, e il come si racconta spesso fa la differenza.
Un buon libro si scrive un passo alla volta, senza fretta, e in ogni capitolo (passo) bisogna immettere la giusta dose di sentimenti, di informazioni (mostrandole e non raccontandole), di suspense, di rispetto nei confronti dei lettori: se le quantità saranno proporzionate, il risultato finale sarà senz’altro soddisfacente.
Ma non fatevi prendere dallo sconforto se non ci riuscirete subito, perché è risaputo che una vittoria è solo il risultato finale della serie di non-vittorie che l’hanno preceduta.
Esercitatevi, allenatevi, ma non perdete di vista il vero obiettivo della vostra scrittura: emozionare me stesso per emozionare gli altri.
Abbiamo smussato un altro angolo? Scrivetelo nei commenti.
Un caro saluto smussatori di angoli.
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Smussato un altro angolo!
Ne sono felice.
Grazie e buona giornata.